Sondaggio di Confesercenti

Ristoranti e bar: quasi 7 su 10 rischiano di non sopravvivere

Le Regioni del Nord Est e del Centro Italia sembrano soffrire meno, mentre più grave è la situazione nelle Isole e al Sud.

Ristoranti e bar: quasi 7 su 10 rischiano di non sopravvivere
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Secondo una stima Confesercenti, 90mila imprese hanno chiuso a causa del coronavirus, quasi 600mila potrebbero non sopravvivere e circa mezzo milione taglieranno posti di lavoro. L'Istat conferma questi dati: a rischio chiusura è il 38% delle imprese, percentuale che sale al 57,8% nell'ospitalità e al 66,5% nella ristorazione.

I dati

L'ultima stima realizzata da Confesercenti sulle imprese in Italia, conseguentemente alla crisi dovuta al coronavirus, è allarmante: tra saracinesche abbassate, ingressi chiusi e tavoli e sedie accatastate, si contano 90mila tra hotel, b&b, negozi, bar e ristoranti che hanno chiuso i battenti in questi mesi. Quasi 600mila sono le realtà in bilico, che rischiano di dover chiudere se la situazione non dovesse stabilizzarsi nei prossimi mesi. Circa mezzo milione quelle pronte a tagliare posti di lavoro, che siano indeterminati o no.

Il sondaggio

Questi dati, riportati da Confesercenti (che rappresenta, ricordiamolo, un milione e 200mila imprese in tutta Italia), sono il risultato di un sondaggio sottoposto a tutti gli associati ed elaborato con Swg. Il 7% delle realtà, alla domanda di Confesercenti, ha risposto dichiarando di essere fallito. E le prospettive non sono buone soprattutto per i bar e i ristoranti che si stanno preparando all'autunno: l'estate, infatti, è stata caratterizzata dai dehors temporanei (e non) che hanno permesso all'attività di ricevere un maggior numero di clienti in tutta sicurezza. Ma con le temperature pronte a scendere, gli esterni non saranno più disponibili e ci si dovrà accontentare dei metri quadri al coperto che si hanno a disposizione. Se bar e ristoranti soffrono a causa di questa obbligata ed imminente limitazione, le strutture extra-alberghiere e gli hotel risentono ancora delle limitazioni degli spostamenti, del rinvio dei viaggi internazionali, dei controlli sanitari alle frontiere. A questa situazione va poi aggiunto il peso dello smart working, che anche per spostamenti interni ai confini, ha effetti collaterali sul turismo dei convegni, molti dei quali si dovrebbero svolgere in questi mesi (e molti dei quali rinviati all'anno prossimo).

Questi numeri, riportati da Confesercenti a seguito del sondaggio rivolto ai suoi associati, sono stati confermati dalle rilevazioni istituzionali. Infatti, basandosi su dati Istat, la quota di imprese che ha lamentato seri rischi operativi che ne mettono in pericolo la sopravvivenza nel 2020 è pari al 38%, ma diventa molto più alta se si restringe il campo a quelle attività che si occupano di turismo, tra i settori più colpiti da questa crisi. Secondo quanto riportato dalla memoria sul decreto Agosto, depositata una settimana fa dall'Istat in commissione Bilancio del Senato, la percentuale vola a 57,8% nel settore dell'alloggio, al 60% per quanto riguarda cultura, sport e intrattenimento, fino al picco del 66,5% per la ristorazione. Le imprese più colpite sono quelle più piccole.

Un'altra precisazione è importante: una mappa della crisi esatta non è facile da realizzare, ma le Regioni del Nord Est e del Centro Italia sembrano soffrire meno, mentre più grave è la situazione nelle Isole e al Sud.

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