Il caso

Ammanchi dai soldi delle multe: l'ex comandante si difende

Sulla questione il tribunale emetterà una sentenza probabilmente a settembre

Ammanchi dai soldi delle multe: l'ex comandante si difende
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Ammanchi dai soldi delle multe incassati a nome dell'Unione montana dei due laghi: a processo si difende per la prima volta direttamente l'ex comandante della polizia locale sotto accusa.

Aceti si difende

In aula, per difendersi, l’ex comandante della polizia locale accusato di intascarsi i soldi delle multe. Ultima udienza prima della sentenza, martedì 21 giugno in tribunale a Verbania, dopo che lo scorso 17 maggio c’era stata l’escussione dei testimoni, del processo che vede a giudizio Mauro Aceti, 55 anni, l’ex comandante della polizia locale di Nebbiuno e dell’Unione del Vergante, chiamato a rispondere di peculato e simulazione di reato. Difeso dall’avvocato d’ufficio Clarissa Tacchini, l’altra mattina Aceti – che per lungo tempo si era reso irreperibile – si è presentato (un po’ a sorpresa) a palazzo di giustizia per fornire la sua versione dei fatti.

Una questione molto dibattuta

Davanti al collegio giudicante presieduto da Donatella Banci Buonamici, l’ex comandante ha parlato di una certa “disorganizzazione” degli uffici dove si sarebbero incassate multe in contanti nonostante il divieto di legge e contestato sostanzialmente gli ammanchi, ha parlato anche di rapporti complicati con l’Unione montana e di virus e attacchi hacker che avrebbero reso non facile la gestione amministrativa. Il caso, va ricordato, era scoppiato nell’inverno 2018, dopo la denuncia di segretario e revisore dei conti dell’Unione dei Comuni che avevano verificato ammanchi piuttosto consistenti nel bilancio. Non tornavano i conti, insomma, tra sanzioni al codice della strada emesse dal corpo dei vigili e somme realmente incassate.

Le indagini

Procura della Repubblica e Guardia di finanza di Borgomanero avevano avviato le indagini per far luce. Secondo l’accusa, Aceti aveva incassato multe in contanti, trattenendo dunque i soldi senza registrarli e nascondendoli, di conseguenza, ai bilanci degli enti. E per coprire le omissioni e gli ammanchi stessi, l’allora comandante della polizia locale aveva sporto una falsa denuncia ai carabinieri di Lesa per il furto della valigetta che, così aveva sostenuto all’epoca, avrebbe dovuto contenere il denaro (martedì, però, ha respinto l’accusa). Per Aceti era iniziato il “calvario”: prima era stato trasferito, poi sospeso per due volte, infine era stato licenziato (provvedimento che non ha mai contestato). Secondo il procuratore capo, Olimpia Bossi, tra il 2016 e il 2018 l’imputato si sarebbe intascato 64 mila euro, di cui 49 mila – vale sottolinearlo – li ha restituiti. Si tornerà in aula il prossimo 6 settembre quando il processo, salvo sorprese, dovrebbe andare a sentenza. A chiedere i danni ad Aceti sono l’Unione dei comuni, Massino Visconti, Nebbiuno, Colazza, Brovello Carpugnino, Pisano e Gignese.

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